09/06/08

A ritrovar le stelle: le ragioni di un viaggio

Voglio provare a postare qualche racconto ogni tanto, nella forma di un "romanzo" a puntate. Questa è solo l'introduzione; ogni tanto, se vi piacerà, aggiungerò un pezzo nuovo. Nonostante tutto avrà a che fare coi temi di questo blog, vedrete.


Era una tranquilla serata al catrame nella grande città capitale, fremente di vite piatte e insetti agonizzanti frementi anch'essi sui neon multicolori dei multisala. Una vita sprecata, recitava la locandina del film, “soldi sprecati” commentò Pac Lomoro, rivolto più che altro a sé stesso anche perchè la scelta di interlocutori non era più vasta. Non si parlava più nella grande città capitale, o meglio, non è che la gente non dicesse niente ma nessuno ascoltava più, e così se ne andava metà del lavoro. “Non è sempre stato così” si consolò Pac sottovoce, e in effetti in un tempo nemmeno troppo lontano (non era vecchio da abbastanza da ricordarsi le mezze stagioni) aveva vissuto in un posto diverso, che però era lo stesso. Tempo addietro, poco o tanto dipende dal metro che usate, Pac viveva in un'altra casa: una spaziosa cascina immersa in una placida campagna puntellata di abitazioni simili numerose quanto i denti nella bocca di un bicentenario, popolate da uno sparuto gruppo di ominidi e da una maggioranza di ovini. Era bella quella cascina, ed era esattamente dove si trovava ora il grattacielo nel quale Pac ritagliava ora i propri esigui spazi domestici. Non si era spostato in città, era la città che si era spostata fino a lui estendendo tentacolo dopo tentacolo la propria grigia presa sul territorio circostante.

Tornando a casa in metropolitana Pac aveva sempre molto tempo per ricordare poiché, pur se la grande città capitale era immensa, i luoghi di svago erano molto pochi e tutti distanti dalle periferie (Pac si trovava nel quarto anello periferico, e ormai si era arrivati al sedicesimo da tanto la città si era espansa velocemente), così che per andare al cinema si doveva stare almeno un ora in metropolitana, prezzo che solo pochi nostalgici di un epoca senza televisione 2.0 erano disposti a pagare. Aveva molto tempo per ricordare, ma ormai erano molti anni che vi aveva rinunciato per via di un banale calcolo di convenienza: a che pro se non si può tornare indietro? Pac non era una di quelle persone che dai ricordi traggono forza o sorrisi, Pac dai ricordi otteneva solo rimpianti. Ed è così che finì per chiudersi in un presente apatico, imponendosi per puro spirito di sopravvivenza un'inerzia sociale, costringendosi a uscire di casa perchè il viaggio, almeno quello, rimane l'ultima terapia per chi ha perso il passato e non crede nel futuro scritto sui binari che sta percorrendo.

Oltre a questo, Pac aveva un segreto. Sapeva che scoprire qualcosa di antico può lenire la ferita profonda dalla quale drena la speranza di un uomo, e per questo si era tenuto in tutti questi anni una riserva, qualcosa che potesse riscoprire dopo anni di astinenza forzata. Saggio al limite della follia, Pac aveva tenuto da parte le stelle. Non che fosse difficile: se da ragazzo gli bastava uscire di casa per trovarsi a due passi dal cielo ora la strada da fare per uscire in campagna era molta di più, ammesso che esistesse ancora qualche spazio aperto tra le città. In alternativa c'era una lunga sosta in ascensore per raggiungere il piano più alto del palazzo, decine di ingombranti metri più in alto della strada; la sera che Pac decise di dare fondo ai suoi risparmi di nostalgia fu questa la scelta che fece, gustandosi ogni secondo della lunga attesa chiuso in un confortevole utero di acciaio spinto verso un parto al contrario, preludio a un ringiovanimento graduale (pur se temporaneo) invece che al consueto morire un poco al giorno. Potete immaginare lo sconforto quando scoprì che le stelle erano scomparse, sparite, probabilmente rubate.

Il cielo era un telo nero sbiadito drappeggiato sopra la città pulsante di luci, luci alle quali le stelle sembravano essersi arrese da tempo poiché nemmeno una resisteva quella sera a testardo argine contro la barbara invasione umana, partita dalla terra milioni di anni fa e giunta finalmente al cielo. Nemmeno una stella su quel telo nero, nemmeno una lacrima sul viso di Pac che nel preciso istante in cui lo vide superò il limite tra saggezza e follia, non si sa bene in che direzione.

E decise di partire.

Trovò un'astronave (non fu difficile), scelse cosa portare (il grosso del lavoro quando si parte) e cominciò a viaggiare nello spazio.

Nello spazio, a ritrovar le stelle.

(...continua)

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